La crisi ambientale, economica e sanitaria, l’aumento dei costi delle materie prime, la rottura delle catene di fornitura e le grandi sfide globali, richiedono risposte collettive che coinvolgono cittadini, imprese, mondo della ricerca e della formazione, banche e sistema finanziario, associazioni e istituzioni.
Aggregando più attori di differente natura e realizzando azioni condivise verso uno scopo comune, si possono costruire “reti di scopo” che favoriscono lo scambio virtuoso di conoscenze, buone pratiche e valori condivisi. Un esempio viene dalla riorganizzazione delle filiere produttive per la produzione di energia rinnovabile (comunità energetiche locali) o per condividere scarti e materiali (scarti di un’impresa rappresentano materia prima seconda per un’altra).
Il valore della coesione
Il rapporto Coesione è Competizione di Fondazione Symbola, Unioncamere e Intesa Sanpaolo dimostra che la coesione nelle imprese migliora il legame e il radicamento nelle comunità e nei territori, accresce il senso di appartenenza e soddisfazione di vita dei dipendenti, approfondisce il dialogo con i clienti, rafforza le relazioni di filiera e distrettuali generando effetti positivi sulla competitività. Le imprese coesive sanno che solo insieme agli altri possono rendere circolari le proprie filiere, adattarsi ai cambiamenti, innovare e competere.
Adottando questo modello di business basato sulle relazioni, le imprese coesive riescono a ottenere risultati migliori rispetto alle altre imprese:
- per il 2023, il 55,3% delle imprese coesive stima aumenti di fatturato (contro il 42,3% delle altre imprese)
- il 34,1% delle imprese coesive prevede di incrementare l’occupazione quest’anno (rispetto al 24,8% delle altre imprese)
- il 42,7% delle imprese coesive si attende un incremento dell’export (contro il 32,5% delle altre).
Le regioni del Nord ospitano il numero più alto di imprese coesive (70% circa). In termini assoluti, il 50% delle imprese coesive risulta concentrato in tre sole regioni: Lombardia (24,1% delle imprese coesive nazionali), Veneto (13,5%) ed Emilia-Romagna (12,2%).
In termini relativi (rapportando la numerosità delle imprese coesive sul totale delle imprese manifatturiere): il Trentino-Alto Adige si colloca al primo posto della classifica regionale (64,2%), seguita da Valle d’Aosta (55,9%), Friuli Venezia Giulia (55%), Veneto (46,7%) e Emilia-Romagna (46%).
L’incidenza delle imprese coesive aumenta al crescere dalla dimensione aziendale: si passa da una presenza relativa del 39% nelle microimprese (fino a 9 addetti), al 43% delle imprese con addetti da 10 a 49, al 61% della fascia 50-249 addetti per arrivare all’81% delle aziende più grandi (250-499 addetti). Tuttavia, le imprese coesive di micro dimensioni (1-9 addetti) sono quelle che più si stanno aprendo a delle collaborazioni strutturate (+10 punti percentuali dal 2020 al 2022).
Innovazione aperta
Le imprese coesive vivono l’innovazione come pratica quotidiana attraverso cui impostare la propria organizzazione e la produzione di valore. Per fare innovazione è richiesta infatti una notevole apertura organizzativa e la capacità di collaborare con altre realtà per condividere risorse e conoscenze.
Le imprese che aprono la ricerca oltre il perimetro aziendale (open innovation) collaborano con università, designer, creativi per accelerare l’innovazione, o scoprire nuove applicazioni di materiali e prodotti.
Negli ultimi anni in Italia l’aumento di collaborazioni e di partnership con altre imprese e soprattutto con il mondo dell’università, della ricerca e della formazione avanzata ha contribuito alla formazione di ecosistemi di innovazione in cui diverse entità lavorano insieme per stimolare l’innovazione.
Molte imprese di medio - grandi dimensioni hanno creato centri di ricerca e sviluppo aperti alla collaborazione esterna, promosso programmi di co-creazione di conoscenza con clienti e fornitori e stabilito partenariati strategici con start-up e università. Mentre per le imprese più grandi le formule consolidate a livello internazionale costituiscono buone pratiche ampiamente replicabili, sul fronte della piccola impresa il modello richiede una serie di aggiustamenti che rimandano a politiche ad hoc.
L’architettura a sostegno dell’innovazione delle piccole imprese italiane non è infatti ancora riuscita a costituire ecosistemi stabili di innovazione.
Un report della Commissione Europea sui Digital Innovation Hub (DIH) - che offrono supporto e consulenza alle piccole imprese nell’adozione e nell’applicazione di tecnologie digitali 4.0, collegamenti a laboratori, attrezzature e software per sperimentare e implementare nuove soluzioni - ha messo in evidenza criticità che confermano la difficoltà nel connettere i soggetti della ricerca con i percorsi di innovazione e di crescita delle Pmi.
Sostenibilità e tecnologie digitali
L’attenzione verso la sostenibilità sta spingendo le aziende - e non solo - a mettersi insieme per dare vita a fenomeni che stanno riorganizzando le filiere in ottica di circolarità.
La sostenibilità è anche una leva efficace per il business, dal momento che i consumatori considerano i prodotti sostenibili come di qualità e sono disposti a pagare un sovrapprezzo per averli.
Tra le imprese coesive, quasi due su tre (62,1%) hanno investito/investiranno in sostenibilità ambientale (per le altre imprese 33,2%).
La quota delle imprese che hanno adottato o stanno pianificando di adottare tecnologie digitali 4.0 (Big Data, IOT, Robotica, stampanti 3D, Blockchain) è pari al 47% per le imprese coesive, laddove per le imprese non coesive è del 24%.
Fonte: Coesione è Competizione 2023 (Fondazione Symbola, Unioncamere e Intesa Sanpaolo)