Rapporto Design Economy 2023 di Symbola

ll rapporto annuale Design Economy racconta il contributo del design alla ricchezza del Paese e alla transizione industriale.

15 set 2023
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Il design aiuta a cogliere i grandi cambiamenti nell’ambiente, nella tecnologia, nella scienza e nei costumi sociali e a trasformarli in oggetti e servizi che le persone possono usare. Inoltre aiuta a comprendere gli impatti delle attività umane sugli ecosistemi e a progettare soluzioni realmente sostenibili.

Il design può essere una lente attraverso cui ripensare l’intera organizzazione: dalla revisione di prodotti e processi alla riorganizzazione della strategia aziendale, con il duplice obiettivo di creare valore per l’azienda e per i diversi stakeholder.

Secondo il rapporto 2023, in Italia sono attivi 36.306 operatori nel settore del design: 20.320 liberi professionisti e lavoratori autonomi e 15.986 imprese.

Superato il 2020, anno in cui il design italiano ha sperimentato la prima battuta di arresto dopo dieci anni di crescita, il valore aggiunto 2021 ha raggiunto i 2.939 milioni di euro (-4,6% punti rispetto ai valori prepandemia).

Il mercato del design è nazionale per il 67,2% degli intervistati, globale per il 24,2% (per le piccole e medie imprese sale a 27,8%), comunitario per l’8,6%.

Per quanto riguarda la modalità dell’operato in ambito internazionale, il 62,5% delle imprese agisce sulla base di committenza internazionale, il 20% tramite accordi di partnership con aziende locali estere, il 9,6% con sedi dell’organizzazione localizzate sul territorio estero e l’8% attraverso altre modalità (ad es. utilizzando commercio online).

Le royalties emergono come origine di fatturato per l’8,7% delle organizzazioni del design (quota che aumenta al 13,4% nel caso dei professionisti), lasciando molto più spazio a proventi derivanti direttamente da progetti.

Aree di specializzazione

Il 53,5% delle organizzazioni indica il product design come principale ambito di attività, segue il communication and multimedia design con il 28,4%.

Lo space design, che comprende retail design, public space, exhibit design, interior design, rappresenta il 12,7%, mentre il digital and interaction design (user experience, user interface, web/app, VR, game design, smart things, human-computer interaction, ambient intelligence, wearable computing, IoT) il 4%.

Tra i settori che trainano la domanda di servizi di design spicca l’arredamento (14,3%), seguito dagli altri prodotti manifatturieri (6,6%, ad esempio gioielleria, giocattoli, articoli sportivi, strumenti musicali, ecc.), l’illuminotecnica (6,4%), i prodotti per l’edilizia (5,2%), il turismo e la ristorazione (5,1%) e la meccanica-automazione (5%).

Nei prossimi tre anni si attenuerà leggermente la domanda dell’arredamento (-0,9% di incidenza), e ancor più per gli altri settori manifatturieri (-2,4%), mentre crescerà quella degli accessori della moda (+1,6%), l’illuminotecnica (+1,4%), i servizi di healthcare (+1,3%) e il packaging (+1,1%).

La componente Environment – in cui rientrano le attività di decarbonizzazione o l’adozione di modelli di economia circolare – è piuttosto conosciuta, sebbene non sia ancora adottata in modo diffuso nelle aziende. L’87,4% degli intervistati sottolinea l’importanza dell’integrazione di questo aspetto nella progettazione, con particolare enfasi su durabilità (19,8%), riciclo (17,2%) e disassemblaggio (13,9%).

Competenze più diffuse

  • Le più diffuse competenze sono quelle relative al design per la durabilità (19,8%, quota che sale al 22,1% per i professionisti). Queste competenze consentono di estendere il ciclo di vita di prodotti e servizi attraverso soluzioni (standardizzazione, riparabilità, riutilizzabilità) che rendono possibili la sostituzione e manutenzione di componenti di un prodotto o servizio, o permettono l’aggiornamento delle sue funzioni.
  • Segue il design per il riciclo (17,2%), competenza necessaria a rimuovere i fattori che rendono difficile il riciclo di un prodotto e a puntare sull’impiego di materiali facilmente riciclabili e su soluzioni che permettano la separabilità dei materiali.
  • Il design per il disassemblaggio (13%) propone soluzioni che permettono la separazione di tutti i componenti per le diverse tipologie di materiali al fine di favorire il processo di riparabilità, recupero e riciclo.
  • Il design strategico per la sostenibilità (12,5%) è una competenza segnalata in modo particolare dalle imprese più grandi (17%) legata alla costruzione di strategie sistemiche per la transizione ecologica, anche attraverso la misurazione, il controllo e la riduzione dell’impatto ambientale dei processi e percorsi formativi per accelerare l’adozione di pratiche sostenibili da parte delle persone.
  • Il design per la rigenerazione (9,3%) sviluppa nuovi prodotti o servizi (con stessa funzione o diversa) a partire da prodotti o loro parti a fine utilizzo o scarti di processo, o alla progettazione di prodotti o servizi modulari per favorire il riutilizzo di loro parti. Nei settori abbigliamento e calzature, ad esempio, si moltiplicano i progetti per valorizzare l’invenduto, grazie a soluzioni che permettono la rigenerazione e personalizzazione di prodotti in giacenza, creando così nuovo valore.

Complessivamente, tra i laureati magistrali in Design, il tasso di occupazione è pari al 91,6%, valore superiore all’89,1% rilevato sul complesso dei laureati magistrali biennali in Italia.

Si conferma la forte relazione tra territori del design e quelli del made in Italy, come dimostra l’elevata correlazione che esiste tra localizzazione del made in Italy e imprese del design.

Le regioni in cui la correlazione appare più forte sono le Marche, l’Emilia-Romagna, il Veneto, il  Piemonte e la Lombardia. Emergono come regioni a forte specializzazione nel made in Italy, ma inferiore alla media nel design, il Friuli-Venezia Giulia, l’Umbria e la Toscana.

Il Report è promosso da: Fondazione Symbola, Deloitte Private, Polidesign, in collaborazione con ADI, Circolo del Design, Comieco, AlmaLaurea e Cuid.

Fonte: Symbola

 

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